venerdì 29 aprile 2011

il vecchio ed il bambino

di Andrea Sartorati detto Sir Torati

e poi dicono che alcuni cerchi non si chiudono (ma perché, i quadrati, invece, restano aperti?) mai: saranno passati appena 30 anni da quando nostro padre ci portava allo stadio appiani per vedere il padova vivacchiare tra le serie b e il girone a della serie c/1 - che poi c'era sempre quello in classe che credeva che il girone a fosse riservato a squadre più forti rispetto a quelle del girone b - e invece noi, per pasqua, gli abbiamo regalato una trasferta tutta maschile all'old trafford per manchester united - everton di premier league.

con gli occhi e l'innocenza tipica dell'età fanciullesca trovavamo affascinanti pure dei padova - campobasso 0-0 (solo con la maturità avremmo capito trattarsi di sfide taroccatissime come il wrestling, con la differenza che gli ammerecani te lo dicono che quello è uno show) e ci auguriamo di aver restituito un po' di quella magia accompagnando il genitore nell'impianto che viene giustamente definito il teatro dei sogni.

allora andavamo e tornavamo dallo stadio a piedi, oggi per questa trasferta abbiamo affrontato un impegnativo venezia - francoforte - manchester - monaco di baviera - venezia via aereo, ma la sostanza non è poi così diversa. tanti anni fa si commentavano i risultati delle altre partite con i passanti che avevano la radiolina appiccicata all'orecchio, oggi si controlla l'andamento delle avversarie via iphone; ai tempi si sognava il 13 al totocalcio, ora al massimo che un proprio giocatore abbia segnato al fantacalcio.

alle elementari scrivevamo sempre delle nostre domeniche pallonare nelle cronache (i bambini fanno ancora la cronaca?) del lunedì - e la maestra, secondo una grammatica tutta sua, ci imponeva di scrivere "la padova" perché secondo lei era sottinteso "la (squadra del) padova": inaccettabile che il sistema scolastico italiano permetta a delle persone ignare di calcio di relazionarsi con bambini dai 6 ai 10 anni - mentre adesso ci affrettiamo a lasciare un resoconto su un blog, su una mailing list, su un social network con l'intima speranza che qualcuno soddisfi il nostro smisurato ego schiacciando "mi piace". insomma non è cambiato niente, se non l'anno sul calendario.

come sostiene pure ken loach, il calcio rimane una delle poche oasi egualitarie della società. forse qualcosa che si avvicina ad un'idea molto elementare, ma genuina, di socialismo. un po' come rappresentare tutto il buono del comunismo nella figura del volontario col cappello di carta che non ha letto marx, ma gira con impegno le salsicce sulla griglia della festa dell'unità.

allo stadio non ci chiediamo mai quale sia la professione o il reddito di quello che ci è seduto accanto, nè per 90 minuti ci sogneremmo di criticarne gli atteggiamenti invero un po' ridicoli di gioia e di sconforto, esattamente uguali (oppure speculari se tifa per gli altri) ai nostri. ci abbracciamo con perfetti sconosciuti - avvocati, operai, politici o delinquenti che siano- - per un gol, così come siamo pronti a prestarci prezioso soccorso morale per un rigore subito. e né la mamma né la moglie in quei frangenti saprebbero capirci così bene come chi porta una sciarpa con gli stessi colori della nostra.

che poi, già al parcheggio, quel nostro vicino sarà tornato il solito stronzo arrogante con la faccia da idiota. un po' la stessa ipocrisia che si ritrova nei sentieri di montagna, quando la prassi esige il "salve, buongiorno" con chiunque si incontri nel corso di una camminata. lo stesso tizio che qualche ora dopo sospetterebbe - cosa vuole questo tizio da me: ciularmi il portafoglio o stuprarmi la figlia? - di un nostro cordiale e appena accennato saluto qualora lo rivedessimo in edicola o al ristorante.

esulando dagli aspetti sportivi e agonistici, il ricordo più bello di questa due giorni - almeno per noi che soffriamo di ansia da prestazione anche quando dobbiamo ordinare i bigoli al ristorante - è stata la dimestichezza (vera o presunta che sia) che abbiamo dimostrato agli occhi del nostro genitore con la lingua inglese, con il check-in elettronico, con skype nella stanza di hotel, con la mappa della metropolitana e tutte le altre diavolerie che potrebbero far sentire fuori tempo un signore cresciuto negli anni cinquanta.

all'old trafford eravamo in piccionaia, ma consapevolmente. anche perché non è così semplice trovare altri biglietti. non come quella volta al palamalaguti per il tour acustico di springsteen quando, cinque decimi di secondo dopo l'inizio della prevendita, il sistema automatico di assegnazione dei posti di quei fottutissimi bastardi di ticketone ci regalava una splendida ottantanovesima fila su novanta di poltronissima, ossia il biglietto più caro. non abbiamo mai capito se quel suono ripetitivo in "devils & dust" fosse un geniale arrangiamento particolare del boss o lo scoppiettio dei pop-corn del bar appena dietro di noi.

in una manchester per nulla interessata alle imminenti nozze reali (coviamo il sospetto che non sia una grande idea per i nostri media continuare a citare il sun o il news of the world per raccontarci cosa accade nella perfida albione: sarebbe come se all'estero si riferissero a chi e a novella 2000 per dire che da noi l'unico argomento sono starlette, puttane e puttanieri. se invece leggessero repubblica e corriere, il quadro sarebbe infatti completamente diverso...), tutto è filato liscio.

vi lasciamo con i soliti appunti di viaggio:

LUFTHANSA - abbiamo volato con la compagnia teutonica e confermiamo la nostra impressione che si tratti del miglior vettore europeo. crediamo che ormai tutti siano arrivati al check-in online, ma questi, volendo, hanno eliminato pure la carta. ti arriva un codice a barre via mms - ché infatti non sempre in trasferta puoi stamparti la carta d'imbarco del ritorno - e passi con quello. mostruosa l'organizzazione (e il silenzio) del loro hub all'aereoporto di monaco di baviera: ogni gate, oltre al dispenser di giornali gratis, ha pure la macchinetta delle bevande calde ad uso completamente gratuito da parte dei passeggeri. abbiamo provato ad immaginare la medesima scena in italia: la rivolta dei bar vicini e la ressa di passeggeri degli altri voli (più, eventualmente, il barista per poi rivendere) a scroccare un cappuccino.

ALTRI AEREI - non ci era mai capitato di vedere un altro aereo in volo dal nostro finestrino. nel tragitto di andata ne abbiamo visti parecchi (chissà, forse munchen - manchester è nota come la tangenziale di mestre dei cieli) e non è una sensazione piacevole, anche perché sembrano proprio missili lanciati a tutta velocità.

FILE - abbiamo scritto più volte del rispetto - a volte pure eccessivo - delle file e della distanza di sicurezza in inghilterra. all'aereoporto di macnhester l'imbarco è stato interrotto per far passare un'anziana persona claudicante. non vi diremo che da noi non sarebbe successo, perché non è vero. la differenza sostanziale è che abbiamo avuto la netta sensazione che lì facesse parte di una procedura, non demandata alla buona volontà e alla cortesia dei singoli.

OLD TRAFFORD - era la nostra terza presenza nel mitico stadio, ma forse la prima in una gara che contava davvero. cosa ci ha impressionato? la vicinanza e l'approccio sempre positivo del pubblico alla squadra: gli spettatori hanno capito le difficoltà dello united e hanno spinto con la voce per 90 minuti. nessuno spazientimento per i tanti cross sbagliati. un po' diverso dal nostro ricordo di uno splendido demetrio albertini al padova che, diciottenne, dopo alcune prove mostruose sentì il pubblico lamentarsi per qualche apertura di campo troppo larga.

TAXI - non sapevamo se dopo il fischio finale avremmo fatto in tempo ad arrivare al terminal con i mezzi pubblici, per questo nei giorni precedenti avevamo prenotato via web un servizio taxi dallo stadio all'aereoporto. eravamo a conoscenza del fatto che all'estero non si tratta di un mezzo di trasporto particolarmente lussuoso, ma l'aver pagato solo dieci sterline ci ha fatto sospettare la fregatura. cinque giorni prima abbiamo ricevuto un confortante sms con l'esatta indicazione del numero civico dove saremmo stati caricati a fine partita. il giorno antecedente la partita, invece, il driver ci ha addirittura telefonato per chiederci se avevamo capito dove incontrarci. noi ci proviamo pure a non essere esterofili, ma francamente fatichiamo ad immaginare il tassinaro romano comportarsi allo stesso modo. abbiamo sudato freddo quando, scendendo i gradini dello stadio per raggiungere il punto di incontro, in un inglese maccheronico una nuova telefonata ci informava che il taxi era da un'altra parte rispetto al 709 di chester road. ci siamo trovati, appena venti metri oltre il punto convenuto, a capire che stavamo parlando col tizio che ci si stagliava avanti: si era spostato un attimo, ma aveva ritenuto fosse il caso di avvisarci.

ORARIO DI ENTRATA - quando lo united ci ha avvisato dell'esito positivo del ballott (la spacciano come lotteria, anche se i vincitori sono poi quelli obbligati a pagare), la lettera accompagnatoria ci suggeriva di presentarci allo stadio almeno 10 (dieci!) minuti prima dell'orario di inizio onde evitare disagi. il fatto che ad un quarto d'ora dal fischio di inizio lo stadio fosse assolutamente deserto ci ha fatto sorridere. e pensare ai due nostri amici, partiti il nostro stesso giorno dal marco polo di venezia alla volta di londra: a loro è bastato per un pelo presentarsi in aereoporto solo tre ore prima della partenza del volo.

PASQUA - natale con i tuoi, pasqua con chi vuoi. mettiamoci dentro sir alex, rooney e il chicharito e il popolare detto è stato esaudito, con la ciliegina di una vittoria tanto intensa quanto sofferta. ma in fondo non ci è dispiaciuto affatto che sia stato anche un "in viaggio con papà".

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