martedì 8 novembre 2011

il Cala e levimetà


Nei lunghi, piovosi, freddi sabato sera invernali, quando gli anni 80 correvano tristemente verso la fine e a nessuno a parte raf importava una sega di cosa ne sarebbe rimasto, il Cala, capitan Buffa, il conte Geddo, Pennisha, il Monte ed alcuni loro compagni di liceo e simili trascorrevano esilaranti serate con uno schema entusiasmante a dispetto della presunta staticità:
  • pizzeria
  • birra da litro + pizza
  • discussione sulla musica
  • altra birra da litro (a volte + altra pizza)
  • digestivo

e lo so che sembrerà incredibile, incomprensibile, inaccettabile, ma il ripetersi costante ed a cadenza settimanale di tale schema aveva tra gli altri uno risultato clamoroso: FIGA ZERO(ma zero zero eh?)

tralasciando questo aspetto che per noi 16\17enni era ASSOLUTAMENTE secondario, torniamo allo schema, soffermandoci sulla discussione sulla musica.

All'epoca gli schieramenti erano semovibili, ma con alcune posizioni fisse:
il cala stava nei pro rock, blues and soul
capitan buffa e pennisha stavano nei pro evimetà
ma evi evi eh? Gente cazzuta, cazzutissima, tipo gli iron maiden, i black sabbath, gli slayer, ozzy osbourne.
E si litigavalitigavalitigava su quale fosse il genere migliore.

Il cala già (ma non troppo) springsteeniano, capitan buffa che buttava lì con una certa spocchia sto nome nuovo che era... ehm.. mi sembra una cosa tipo U2, pennisha satanista convinto con cassette inquietanti di gruppi tedeschi che adoravano il Male nel dialetto bavarese.

Ore ed ore a rattelare su sta cosa, parla uno gli altri bevono, e via andare, con la birra che calava in maniera direttamente proporzionale all'aumento del tono di voce.

In tutto questo io avevo chiara, abbastanza, una cosa. Levimetà (all'epoca non c'erano ancora tutti sti nomi e sottocategorie) mi faceva, con una certa importanza, cagare.
E così è rimasto negli anni a venire, con qualche ascolto agli iron maiden, con qualche concessione al black album dei metallica, ma niente di serio.

Il discorso è che levimetà non rispondeva alla mia necessità di riconoscere anche in un pezzo bello pestone la melodia portante e poi c'era sta cosa dell'abbigliamento che un po' mi metteva a disagio, che non è che io fossi lord brummel, ma la maglietta col mostro dei maiden beh, gna potevo da fà.

Passano gli anni, capitan Buffa ormai credo ascolti al massimo bryan adams (che a me fa cagare RYAN adams, pensa quello della summer of 69), pennisha si è fatto esorcizzare e soprattutto la musica non è più al centro dei (loro) discorsi, anche quando ci sono io, che credo di essere, per chi non è appassionato di musica (ma anche un po' per chi lo è) una devastante rottura di coglioni se attacco su a parlarne.

Ora la mia posizione verso levimetà è molto ammorbidita, oh yeah. Avendo, tra gli altri, il vizio di voler in qualche modo approfondire le mie passioni, alla fin fine sui nomi storici ci sono finito anche io, magari non con l'entusiasmo che ho verso altri, ma comunque con grande rispetto.

Questa estate la maestrarock che insegna alla materna dove vanno le catarros, mi ha suggerito sto nome: VOLBEAT e conoscendomi, per incuriosirmi mi ha spiegato che il cantante sul collo ha tatuato il nome di JOHNNY CASH e sul braccio quello di ELVIS PRESLEY.

Così grazie a youtube ho ascoltato questo pezzo che si chiama sad man's tongue. Il pezzo parte in modo inconfondibile: come il 95% delle canzoni di johnny cash; e visto che qui i testi sacri si masticano abbastanza, dopo mezza strofa, che parla di quando sua mamma gli diceva di stare attento, noi siam qui che pensiamo a quello che ha ucciso un uomo a reno solo per vederlo morire, invece SBREEEEEEENG parte la chitarra elettrica e da nashville ci troviamo in pieno evimetà, punk, salcazzocosa, ma quella roba là che da regazzino mi dava noia.


Amore abbastanza a prima vista, veloce reperimento degli albi e poi, aaaaaaaaaaaatansiòn, nel giorno in cui si ricordano i cari estinti, nel simpatico locale di milano chiamato alcatraz, a 38 anni, 11 mesi e 11 giorni ho fatto il mio debutto ad un concerto evimetà.

La fauna di un concerto evimetà è davvero interessante, sociologicamente parlando, altro che. Magliette di gruppi al cui confronto i teutonici satanisti amici di pennisha sono una corale della parrocchia di san frullino. Capigliature importanti, overdoses (plurale) di piercings (ri-plurale), tatuaggi in zone del corpo a me fino ad allora ignote.

Io, che comunque all'abbigliamento da concerto ci tengo un bel po', ero adeguatissimo: primo perché ho la barba lunga di due mesi, secondo perché nonostante la dieta piazzo lì sempre un bel quintale di arroganza e rottura di coglioni, terzo perché quella sera ha fatto il suo esordio ufficiale la mia nuova maglietta di, per l'appunto, johnny cash che con dolcezza mostra il dito medio.



Recupero il biglietto ed entriamo in un alcatraz esaurito, mentre il gruppo spalla, tali clutch, mi fa l'enorme regalo di togliersi dalle palle 45 secondi dopo il nostro ingresso, in modo da visionare con calma il merchandising (clutch da recuperare comunque, non sembravano così così così una merda, forse).

Alle 21 precise parte l'intro e vengo catapultato in 100 minuti di furia sonora. Sono 4, due chitarre, basso e batteria, ma fanno un casino allucinante.

Soprattutto, ed è la cosa che preferisco di loro, a differenza dei classici gruppi ardrò o evimetà, hanno una serie di spunti originali che rendono le loro canzoni diverse dai canoni classici del genere, pur presentando al loro interno tutti i crismi del rock pestone
(poi sta frase la rileggo che non ci ho mica capito un cazzo)

e poi hanno anche tutta una serie di aperture melodiche che, incredibile a dirsi, potrebbero fin dar loro spazio nella musica più orecchiabile.

E poi specialmente nella canzone che mi ha conquistato per prima, un cantante che canta una canzone che sembra di johnny cash con la voce di elvis presley mi porta a dire che sarò suo per sempre.

Pubblico bello caldo e partecipe, ma senza eccessi. Certo un po' di gente vola fino dalla security, ma il tutto si svolge in scioltezza, senza isterismi o violenza, come avevano purtroppo notato la maestrarock ed il suo fidanzato quando li han visti in america (perché io amo circondarmi di gente che mi fa rodere il fegato dall'invidia, così perché mi piace).

Il cantante ha una gran voce ed altrettanto carisma, il chitarrista sembra il figlio degli addams a cui hanno attaccato le sopracciglia di elio, ma ci da dentro come un matto, il bassista non perde un colpo e soprattutto per tutto il concerto si esibisce in una serie di smorfie da piegarsi dal ridere; il batterista in un gruppo del genere è fondamentale e questo svolge il suo compito alla grande.
Il cantante non si risparmia col jack daniel's, ma in generale mi danno l'idea di un gruppo bello solido, che non si perde tanto in fronzoli ed apparenza (e soprattutto in clichè).

Acustica non pessima, ma coi bassi un po' troppo pompati

un grande gruppo davvero, speriamo non si perdano dietro luoghi comuni o malintesi sensi di appartenenza ad un genere o ad un altro; levimetà come categoria rischia di essere un po' troppo chiusa in se stessa, i volbeat hanno portato un po' di elementi nuovi che se sviluppati bene potranno dare soddisfazione a loro e a chi continuerà a seguirli.

Come me.




Nessun commento: