martedì 31 gennaio 2012

Un tempo sognato, che dovevamo sognare.

 
Abbiamo finalmente tolto lo zero dalla casella concerti visti nel 2012 e lo abbiamo fatto in modo spettacolare.
Sabato sera al carlo felice, ivano fossati ha salutato genova, con 3 ore di concerto memorabili, con un viaggio a ritroso lungo le tappe più significative della sua carriera.

È stato un concerto festoso, non un addio melanconico di chi non ha più nulla da dire, bensì il saluto di un artista che serenamente ha scelto di farsi da parte e lavorare in modo meno “pubblico”.
E genova ha salutato questo figlio in modo caldissimo, con un teatro strapieno, un pubblico partecipe, un'atmosfera gioiosa che hanno ben contrastato la neve che ci ha accolti all'uscita.

L'ultimo album di fossati fa parte di quei dischi “pop” che lui ha più volte proposto al pubblico.
Singolo decisamente paraculo, ritmo facile ed accattivante, testo apparentemente leggero che nasconde amare verità.

E l'apparente leggerezza è un tratto distintivo di diverse canzoni di fossati, mai banali, mai scontate, però orecchiabili, dirette, immediate, ma con la necessità impellente di essere approfondite.
A queste fanno da contraltare altri pezzi più chiusi, duri, difficili, simbolici ed evocativi, ma terribilmente affascinanti.

Su questa dicotomia si è sviluppata la carriera di fossati, ripercorsa in questo tour come un viaggio e come tale introdotta (e chiusa) da citazioni di un celebre viaggiatore come marco polo.
E questo contrasto tra chiusura e gioia, tra rudezza e dolcezza fa di fossati un genovese più vero forse anche di genovesi più illustri, primo tra tutti de andrè.
Fossati è come genova, chiusa, scontrosa, a tratti ostica, ma capace di ridere, gioire, amare, ricca, ricchissima di ironia.

Altra apparente contraddizione è tra la risaputa pignoleria compositiva di fossati  e la freschezza del suono di questo gruppo, che si permette anche divagazioni sul tema: durante uno splendido assolo di chitarra vengono citate sia Genova per noi che addirittura la mia banda suona il rock, ovviamente tra le risate generali, miste però ai fragorosissimi applausi per il virtuosismo.

E su un altro tipo di contrasto si basa la perfetta riuscita musicale di questo show: il gruppo di fossati, che come al solito ama circondarsi di musicisti eclettici e validissimi, ha in sé una doppia anima, che in uno sketch simpaticissimo viene svelato.
L'anima rock di chitarra basso e batteria esplode nel riff di whole lotta love dei led zeppelin, col bassista (vero “personaggio”) che da solo trasforma il salotto della genova bene in un fumoso locale rock'n'roll.
Dall'altra parte invece, con annesse mascherine in tema, pianoforte, chitarra acustica e violoncello rievocano i fasti del rondò veneziano.
Da questa apparente inconciliabile diversità nascono arrangiamenti ben costruiti attorno alle canzoni anche vecchie, che come ventilazione o la crisi o l'iniziale viaggiatori d'occidente suonano convincenti  e soprattutto molto attuali.

La prima parte del concerto si chiude con una versione per voce e chitarra del disertore di boris vian, canzone che non mi stancherei mai di ascoltare. Non conoscendo a fondo tutta la sua discografia né ritenendolo un giochino utile, non avevo ovviamente preferenze di sorta sulla scaletta, ma questa (ascoltata la prima volta che lo vidi sempre al carlo felice nel tour acustico e cantata completamente a cappella) è proprio una sorpresa graditissima.

Poco prima dell'inizio del concerto è salito sul palco il presidente della sezione genovese di amnesty international, che ha ricordato l'impegno sia di genova che dello stesso fossati a favore delle loro iniziative; e leggendo nelle sue canzoni, si trova spesso traccia di questo rispetto, di questa attenzione verso i diritti umani, ma soprattutto verso i rapporti umani, le relazioni, il rispetto reciproco, sia che si parli in termini socio-politici che romantici.
Temi che vengono sviscerati nell'arco della serata, attraverso la storia della ragazza fuggita per soddisfare la sua voglia di sapere, attraverso il fratello che guarda il mondo ed il mondo non lo guarda, ma anche attraverso il bacio sulla bocca ed il messaggio di speranza di chi sogna perché sa sognare dei treni a vapore.

Il rapporto tra genova e fossati è molto chiaro durante la serata, è un amore forte, vero, ma discreto, fatto di sguardi e piccoli gesti, senza eccessi.
Un paio di volte dalla platea arrivano urla ironiche “jesahel!” “ripensaci!” “resta con noi!”, e sempre il sorriso di fossati spegne ogni recriminazione, è una serata tra amici, un concerto franco, schietto, sincero.
Ogni canzone, da subito è accolta e seguita con calore e partecipazione; nella splendida cornice del teatro genovese, fossati saluta e fa capire a tutti l'affetto che lo lega alla sua città.

Chi guarda genova sappia che genova si vede solo dal mare, diceva nel 1988, ma genova stasera è qui nel suo vestito migliore e fossati la ringrazia con un concerto molto sentito, passionale.
Concerto tra l'altro lunghissimo, compreso il quarto d'ora di pausa durerà 3 ore, che finisce con una coda strumentale, a mio parere improvvisata a causa dell'entusiasmo che in platea non accennava a diminuire dopo l'ultimo pezzo in scaletta.
Un pezzo dove fossati suona il flauto traverso, accompagnato da chitarra acustica e bonghi, un modo per dire, senza bisogno di parole, quanto genova gli sia nel cuore, quanto lui sia nel cuore di genova.

Una serata magnifica, un concerto splendido, un tempo sognato, che dovevamo sognare.

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