venerdì 15 giugno 2012

Le torri e la fionda (Per Albenga, con Albenga, da Albenga)

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Lettera aperta.
Albenga: città delle torri e della fionda.

La fionda dei Fieui di caruggi negli ultimi anni è diventata sempre più il simbolo della lotta ai soprusi, alle violenze, alle speculazioni, sino a ricevere il riconoscimento ufficiale del Presidente della Repubblica. Le torri sono lo storico simbolo di Albenga, eredità importante dei nostri avi, le torri medioevali, in pietra nera di Pogli e mattoni rossi che si infiammano ai raggi del sole che tramonta. Purtroppo sovente umiliate dall’incuria dei nostri tempi, come la splendida torre D’Aste Rolandi, violentata da un’orribile antenna telefonica. Ma svettanti o mozzate, fatiscenti o ben restaurate, sono queste da sempre le uniche torri per gli Albenganesi! Perciò non cerchiamo di nobilitare con un nome storico e suggestivo ciò che non lo è affatto: le torri sono torri, i grattacieli sono grattacieli! Nel 2007, grazie soprattutto all’ amore per Albenga di Antonio Ricci (cui saremo eternamente grati per questo) fu sventato un devastante intervento edilizio che avrebbe compromesso per sempre il nostro centro storico. Visti gli sviluppi della situazione, oggi avremmo degli scheletri incompiuti, minacciosamente incombenti sul cuore ingauno con danni facilmente intuibili per l’immagine e l’economia cittadine. Pericolo scampato? Non ne siamo sicuri. Anche per questo vogliamo dire a voce alta: basta alla cementificazione del nostro territorio e del nostro mare! Negli ultimi decenni Albenga è diventata “grossa”, non “grande”: quantità non è sinonimo di qualità. E tutti siamo colpevoli per la passiva rassegnazione, per la scarsa attenzione alla qualità della vita nostra e, ancora più grave, dei nostri figli e nipoti. Non si tratta di essere a priori contro l’edilizia (aspetto importante dell’ economia), ma di potere almeno dire, alla maniera di Villaggio-Fantozzi, che lo sviluppo edilizio nella nostra città è stato nel tempo “una cagata pazzesca”.
Meravigliose, storiche dimore nel viale Martiri della Libertà abbattute per lasciare posto ad anonimi, ma ben più redditizi condomìni, le sponde del Centa cementificate a pochi metri dall’alveo, strade tracciate con andamenti enigmatici o fin troppo comprensibili. La città vecchia soffocata a pochi metri dalle mura da una cinta impressionante di palazzoni e celata agli occhi dei visitatori da una vergognosa cortina di cemento. E, dall’altra parte, la mancanza di piste ciclabili, di percorsi pedonali, di sentieri, l’assenza di un vero parco per i bambini e gli anziani, di un giardino pubblico, la trascuratezza del lungofiume. Non abbiamo una sala congressi, rischiamo di non avere più un cinema, un teatro, un ospedale veramente pubblico; l’area alla foce del Centa, che potrebbe essere un’opportunità unica, è ridotta ad un immondezzaio; il centro storico - una perla se fosse in Toscana o in Francia - è trascurato (cavi sospesi ovunque, quadri elettrici penzolanti sulle antiche facciate, numeri civici in plastica, arredo urbano discutibile, angoli suggestivi ridotti a posteggio o trasformati in orinatoi). Mancano quasi totalmente spiagge pubbliche attrezzate e adeguate strutture alberghiero-ricettive. Siamo riusciti a realizzare una nuova passeggiata a mare importando le palme più malandate di tutto il bacino del Mediterraneo! Non si tratta del colore delle Amministrazioni succedutesi: in ogni caso abbiamo visto soprattutto cemento! Per questo facciamo nostra la proposta di Antonio Ricci: su ogni edificio siano poste le foto e i nomi di chi lo ha progettato, costruito e, soprattutto, approvato. A futura memoria e, sovente, a futura vergogna.
E fra poco un altro impatto ambientale devastante farà scempio del panorama cittadino: un’ altra gigantesca colata di cemento a pochi metri dal mare con un effetto fortemente negativo: sia essa in orizzontale o in verticale. Con il rischio assai forte che apra la strada ad altre operazioni analoghe. E lo stesso ciclone cementificatorio assalirà molte parti della nostra piana, sacrificata ai cosiddetti oneri di urbanizzazione. Non possiamo continuare a vendere in questo modo nostra madre al primo venuto per pagare i debiti: è immorale. Si cerchino altre vie. Esistono anche, molti comuni lo insegnano, uno sviluppo ecosostenibile ed una edilizia di conservazione e recupero dell’esistente. La cementificazione selvaggia degli anni ‘50/60 non è servita da lezione: forse è ora di cambiare strada. Riconoscere gli errori e porvi rimedio è segno di forza non di debolezza. Oggi Albenga fatica a dare risposte a ciò che chiede il turista moderno. Ambiente, cultura, storia, clima, accoglienza, gastronomia, cura del particolare, mare pulito, una cittadina a misura d’uomo erano a nostra portata. La nostra terra avrebbe potuto essere un’oasi fortunata, con un po’ di lungimiranza. Non servono grandi cantieri, opere colossali, mega appalti, ma una manutenzione continua, attenta, scrupolosa; necessitano legalità, sicurezza, solidarietà. Serve il recupero di tanti edifici esistenti, fatiscenti, un piano del colore. Servono musei, locali, negozi, cinema, teatri, ritrovi per giovani pieni, non case vuote. C’è bisogno di entusiasmi e speranze nuove, non di supina rassegnazione. E soprattutto c’è bisogno di attenzione vera per il tanto sbandierato bene comune e del rispetto della volontà popolare:vedi il caso dell’acqua pubblica e dell’ Ospedale.
Questa lettera aperta è indirizzata a tutti coloro che amano davvero Albenga, non è contro qualcuno, non vuole suscitare polemiche, ma provocare riflessioni e decisioni coraggiose. E’ una richiesta forte di impegno vero e di mantenimento delle promesse, un gesto d’amore verso la città che ci ha visto nascere e crescere e dove speriamo di restare per sempre, un atto di gratitudine verso una madre generosa che, purtroppo, non sempre ha ricevuto in cambio dai figli lo stesso affetto e le stesse cure che ha donato. E’ anche, però, una presa di posizione che i cittadini, in numero sempre crescente, ci chiedono da tempo con insistenza. Su certi temi non si può continuare a tacere, poichè alla fine il silenzio rischia di confondersi con la complicità. E i Fieui di caruggi non vogliono essere complici di nessuno.

I Fieui di caruggi

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