martedì 26 marzo 2013

Mi chiamo Tomaso Bruno - sesta parte



Ringrazio Marina, la mamma di Tom, che mi ha autorizzato a pubblicare questa serie di manoscritti che suo figlio le ha scritto dal carcere di Varanasi, dove si trova da più di 3 anni, con l'accusa di aver ucciso insieme ad Elisabetta Boncompagni il loro amico Francesco Montis.
Vi chiedo di condividere questi post e di farli leggere a più persone possibili, affinchè tutti o quasi sappiano dove si trovano ora due nostri connazionali.

Sensazioni e riflessioni
E siamo arrivati alla parte intima e più difficile da raccontare. Io sono fermamente convinto che questa brutta storia avrà un lieto fine. Questa storia avrà un lieto fine (almeno per noi, non ovviamente per la famiglia di Francesco) e che ne usciremo tutti un po’ migliori di prima.
Personalmente sono entrato in carcere come un ragazzo pieno di dubbi ed eternamente insoddisfatto della propria vita, inquieto ed in perenne conflitto con me stesso. In questi lunghissimi mesi ho trovato una pace dei sensi che mi lascia assolutamente sbalordito. Sono talmente tranquillo e sereno che non provo nemmeno un pizzico di odio o di rancore verso i responsabili di questa vergognosa ingiustizia. Questo non vuol dire che io abbia trovato la soluzione a tutti i miei problemi, ma affrontarli con la pace dell’anima è tutta un’altra cosa. Sarà anche scontata come cosa, ma solo in carcere ho capito il vero valore delle cose, è vero quando si dice che si capisce il valore di qualcosa solo quando te la tolgono. 
A me hanno tolto tutto e quando le riconquisterò sono sicuro che saprò godermele meglio. Guardandola da un punto di vista super ottimistico e positivo il carcere mi darà una grandissima possibilità, quella di poter riavere una prima volta, con la differenza che saprò già quanto sarà importante e saprò dargli il giusto valore.
Questo è a mio avviso l’unico grande insegnamento che la forzata detenzione può darti e per ottenerlo bisogna ovviamente passare per tutte le sofferenze che la detenzione stessa comporta.
Personalmente l’unico motivo di preoccupazione che ho è la sofferenza che questa ingiusta situazione sta portando ai miei cari. Vedere mia mamma e mio papà piangere è stata la cosa più
brutta e dolorosa e come loro sono in pensiero per me, io lo sono per loro, costretti a continui viaggi, sbattimenti e con una pressione emotiva notevole da sopportare. Per fortuna ho dei genitori forti e soprattutto capaci di gestire al meglio tutto questo senza perdere la lucidità e sono convinto che usciremo indenni, anzi più forti ed uniti di prima di questa brutta storia. 
Ho poi una grande paura, che a volte mi angoscia : è quella di non poter più rivedere mia nonna, ma cerco di non pensarci troppo.

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